MENELAW SETE

 

Menelaw Sete, nome d’arte di Jorge do Nascimento Ramos ha la straordinaria capacità di sorprenderci sempre. Ci sorprende con i suoi quadri dipinti da mano sapiente, veloce, scoprendoci e lasciandoci scoprire la sua attitudine a mostrare le cose, le persone, i colori, le scene e la vita della sua città: Bahia.
Bahia è una città speciale, unica, sorprendente come la pittura di Menelaw Sete. Non è possibile definirla con poche parole perché a partire dal suo nome Salvador della Bahia de Todos os Santos, la città e una complessa e molteplice realtà dove le radici africane di odori, sapori e colori si mescolano all’incanto della grande baia che si mostra tutta senza mistero e con una luce che definisce l’orizzonte con un forte senso di lontananza e nostalgia insieme. La nostalgia (saudade) e la lontananza di quella sponda opposta di un altro continente, dell’Africa, naturalmente, voglio dire. Jorge Amado lo scrittore baiano che ha cantato la vita del popolo di quella regione brasiliana descrive come “il cuore della vita popolare baiana si trova nella parte più antica della città, la più vigorosa e affascinante…tutta la ricchezza del baiano in simpatia e civiltà, tutta la povertà infinita, dramma e magia, nascono e sono presenti in questa antica zona della città… Largo do Pelourinho, dal patibolo dove i negri schiavi erano frustati… questa Piazza del Patibolo è illustre e grandiosa: la sua bellezza è fatta di pietre e di sofferenza… Le pietre della pavimentazione sono nere come gli schiavi che le collocarono; ma quando il sole del mezzogiorno brilla più intenso, hanno riflessi color del sangue…” Ed è proprio in questo cuore pulsante della città, pulsante di musica e di immagini, pulsante di capoeira e candomblè, dove vestite di bianco le donne nere friggono l’acarajé nell’olio dendé, proprio in questo cuore si trova lo studio di Menelaw Sete, che da questo cuore trae tutta la sua energia pittorica e attiva l’immaginario collettivo della vita di questa città. Ricordo che quando sono uscito dal suo atelier al Pelourinho, pensai che se Picasso o Matisse avessero visto Bahia non l’avrebbero più lasciata o forse che le “Damoiselles di Avignon” sarebbero diventate “As Mocinhas de Bahia” e che la “Danza” sarebbe diventata la “Roda de Samba” o la “Capoeira”. Menelaw Sete fa vivere alla sua pittura una speciale condizione, quella di una speciale visione del mondo, direi percettivamente felice, meglio vitalmente amorosa. Dipinge allora la vita del suo popolo in termini felici come del resto è. E lo fa con gesti ampi, veloci, forti e decisi e con una ricchezza di vocabolario che coniuga tutti i temi dell’amore: la famiglia, i bambini, le feste, la musica e i musicanti, il sesso, le donne, la maternità, gli abbracci e i baci… è l’amore per la vita ad essere al centro della sua pittura. Un amore dipinto con naturale scioltezza e sapiente capacità, dove la resa pittorica è sorpresa e meraviglia allo stesso tempo.
L’ampio vocabolario di Menelaw Sete non è tuttavia il solo elemento a restituirci la forza e il sapore delle sue immagini. Menelaw Sete ha sempre guardato oltre l’orizzonte di quel mare, lo ha attraversato con lo sguardo e con l’immaginazione, lo ha esperito attraverso una tecnica gestuale che gli ha mostrato attraverso e dentro un certo tipo di scansione pittorica europea.
C’è allora nelle sue opere tutto il sole di Bahia e al contempo un certo stilema africano ed infine tutta la lezione di Henri Matisse e Pablo Picasso insieme alla forza del graffito rielaborato da una apertura cromatica che restituisce in totalità lo sguardo che questi due grandi maestri della pittura europea hanno avuto per le culture africane direttamente o indirettamente. Del resto per Matisse i suoi soggiorni africani restano fondamenti forti per la sua pratica pittorica, e per Picasso l’osservazione delle sculture e della loro essenzialità volumetrica di quei popoli sviluppano tutta la sua potenza. Si potrebbe dire a proposito di essenzialità figurale
anche del nostro Amedeo Modigliani, delle sue figure e dei suoi ritratti. Tutto questo Menelaw Sete lo sa bene e ce lo fa vedere in ogni sua opera e tuttavia ogni volta con lo sguardo ritorna alla sua Bahia. E’ questa la grande capacità che Menelaw Sete sviluppa con la sua pittura. E’ come se esercitasse uno sguardo strabico alla grande storia della pittura europea e allo stesso tempo muovendosi tra figurazione e astrazione coniughi tutta la cultura visiva baiana con la storia della pittura europea. Ciò che caratterizza la sua arte è il richiamo coraggioso agli stilemi visivi di questi grandi maestri.

E parlo di richiamo come espresso nella lingua degli uccelli. Dico di ritornelli musicali che si coniugano, si catturano a vicenda ed elaborano una nuova lingua visiva, una nuova visione dell’immagine che passa attraverso l’intreccio di queste grandi avventure della storia della pittura. Menelaw Sete è riuscito attraverso il colore e il segno che lo distinguono a richiamarsi a Picasso e a Matisse senza cadere nella facile trappola della citazione, senza ripeterne soggetti e concetti, piuttosto ha osservato con grande disciplina e grande coraggio di misurarsi con essi. Della citazione evita l’influsso tematico, evita con istinto il riferimento banale, ed evita soprattutto la maniera. E’ questo, diciamolo pure, non è facile!
Il risultato raggiunto è il frutto di un innesto straordinario dove i colori e segni configurano una vera e propria cosmogonia baiana, dove tutto ha luogo e posto e dove l’amore che questo popolo ha per la vita viene tradotto in pittura, sotto forma di immagini e scene, sotto forma di una vitalità che viene sprigionata da ogni porzione della tela che Menelaw Sete ci offre. Con la sua pittura compiamo un vero e proprio viaggio attraverso la storia e la geografia, attraverso il tempo e lo spazio, attraverso i sentimenti e le vite.
E’ questa l’offerta principale che fa al nostro sguardo. L’espressione di questa vitalità viene resa in pittura e con segni e colori che ricordano da vicino tutto quel mondo che dagli Orixa’ di Caribé passa per la visione innamorata di Jorge Amado. A questa complessità visiva e culturale Menelaw Sete offre una risposta che si dispone sul piano di una miscela sapiente e culturalmente simile a quella del popolo brasiliano ed in particolare baiano. Dove la cultura europea, africana e india si dispongono felicemente all’intreccio, all’abbraccio, e dunque all’amore. Sono queste le ragioni dell’unicità espressive della sua pittura, dove richiami e ritornelli compongono una visione e la esprimono con il più grande dei sentimenti umani: l’amore.
E di questo sentimento Menelaw Sete è un pittore straordinario, perché la sua visionarietà ci stimola e ci accompagna verso un orizzonte del visivo che tutto coniuga come in una vita.


Antonio d’Avossa

 

 

La brasilianità della pittura di Menelaw Sete

La maggiore espressione dell’opera di Menelaw Sete consiste nelle sua capacità innovativa nel trasporre a una particolare realtà, riferimenti che si verificarono nel secolo 19° con la rottura dei Canoni che sostenevano la elaborazione dell’opera d’arte. Tali riferimenti si possono percepire nella sua opera, ma essi confermano soltanto la sua contemporaneità. Si può, volendo, discutere le questioni del cubismo o del neoimpressionismo per procedere a una lettura della sua opera a partire da questi movimenti, tuttavia, solamente quello che queste scuole potrebbero dire non è sufficiente per una lettura più approfondita della sua produzione. Si nota nella sua opera l’influenza di una cultura afro brasiliana, una colorazione verso un gusto tropicale e anche agli elementi figurativi che l’artista elegge per comporre la sua sinfonia che appartiene al suo mondo e alle cose che lo circondano. Di questa, sarebbe restrittivo basare un apprezzamento sulle vecchie lezioni (di pittura) che furono ben comprese, ma che l’artista seppe trasformare in una realtà estremamente attuale, realizzando, con questa forma, una storicità e una poetica particolare.

L’influenza maggiore dell’arte moderna del Brasile si è avuta con l’espressionismo, soprattutto con l’arrivo dell’artista russo Lassar Segal, guardando pure i lavori di Portinari, Tarsila do Amaral, Di Cavalcanti soprattutto, che rappresentavano nelle scene il ritratto di una realtà brasiliana, qualche cosa come una denuncia sociale; certo che dopo questo movimento ne seguirono altri, mentre, la tradizione fin dal tempo dell’impero della pittura figurativa è ancora forte in Brasile. Menelaw segue questa tradizione, tuttavia non ripete lezioni, ne insegna altre, ricorre a forme cubiste, è vero, accresce una brasilianità e rompe con i suoi limiti.

In altre opere richiama a un espressionismo che incanta per il colore e per le figure e come elabora il tema. Conosciuto come il “Picasso Brasiliano”, direi che più che l’appellativo, Menelaw realizza un’arte genuinamente brasiliana, mistura di razze e colori, così come Picasso riusciva ad esprimere le sue proprie idee e intenzioni, Menelaw cerca come deve procedere ogni artista che si occupa dei problemi che sviluppano la creazione di opera d’arte, di stabilire il proprio discorso pittorico e lo fa con molta proprietà. Abita in Salvador, Bahia, Brasile, esattamente nel Centro Storico del Pelourinho, patrimonio artistico nazionale, riconosciuto dall’Unesco, nel suo studio in via Joao de Deus, dove si può conoscere la sua opera lì è totalmente dedito alla sua produzione; ora, per riconoscimento della sua opera e come risultato del suo percorso, nel prossimo luglio 2003 a Sciacca Terme, in Sicilia, Italia, inaugura una Sala Museo con il suo nome, essendo il primo Artista baiano e brasiliano a ricevere questo onore.

Aldo Tripodi 

 

 

 

Se c’è ordine nel caos, Menelaw Sete ne è testimone

 

Forme plastiche e colori brillanti sono certamente queste le componenti che più colpiscono l’attenzione del fruitore, per la prima volta di fronte alle opere di Menelaw Sete, artista brasiliano che si porta nelle vene lo “spirito di vita” della sua terra. Ma ad una visione più attenta, ci accorgiamo dell’immediatezza pittorica e gestuale delle tele di Sete emergono messaggi in chiave simbolica e surreale, attraverso immagini legate all’inconscio, ad onirismi, ad immaginazioni portati in superficie per forza di vitalità creativa. Davanti agli occhi dell’osservatore appaiono visi corpi e figure, visti attraverso somatismi impossibili, liberi da qualsiasi regola ortogonale. Sono composizioni che celano profonde inquietudini, che sono - a ben leggerne il perimetro – lo specchio concavo e convesso della condizione umana, senza regole e senza certezze, di cui siamo oculari testimoni. Ma sono, nel contempo, il riporto segnico-cromatico dei trionfi della libertà espressiva, condotta all’estrema frontiera, sino ai confini molte volte varcati dell’informale. Ma sono, queste opere, anche il veicolo espressionale, irrompente nelle aree della solitudine, dell’indifferenza, dell’indolenza. O del rapporto soltanto superficiale con se stessi. Quante domande insorgono al cospetto di queste grandi tele! A quale padre, naturale o putativo, possiamo far ascendere questa “pittura dello spirito”? Certo, tra le pieghe del tessuto compositivo di questo irrequieto artista brasilero aleggia il fantasma di un cero Pablo Ruiz, detto Picasso. Ma può essere considerato un continuatore del gesto ultimo picassiano? Picasso inizia il suo percorso di dispersione dei lineamenti anatomici della osservazione dei manufatti antropici africani. La differenza tra Menelaw Sete e Picasso (tanto per insistere su confrontazioni astoriche), è semplicemente che Sete irrompe nel mondo dell’arte settant’anni dopo l’autore di Guernica e delle minotauromachie. L’artista brasiliano parte da presupposti psicologici, tutti legati a fatti pulsivi e impulsivi, diffusi più per il merito di Sigmund Freud che per primogeniture artistiche. È chiaro che nella sua operazione vi siano certezze e inquietudini delle storie e delle geografie del Sud America, cioè delle “culture vissute” dall’artista. L’elemento intuitivo che regge le mano di Menelaw Sete e che sconvolge tutte le regole pigmentali è, dunque, il colore, per il modo con cui egli lo rende medium delle sue pulsioni, nella ricostruzione degli spazi e dei soggetti gravitanti sulla tela. Perfettamente coerente in questa entropia  (“C’è un ordine nel caos”, Einstein) di segni e di colori, tanto di divenire il gesto del dipingere, funzione primaria, puro fatto psichico, valore prettamente allusivo. Ecco dunque che le grandi campiture cromatiche vengono lacerate da velature di colori, sempre di diversa tonalità e intensità: con grande, istintuale virtuosismo Sete riesce a visualizzare ciò che a noi è impossibile, ci è in conosciuto, ci è irrazionale. Il tutto grazie a due grandi elementi unificanti: la forza espressiva e la luce di colore che promana dalla superficie dipinta. Certamente non è una luce che evidenzia il particolare e il dettaglio. Anzi: illuminando i tratti somatici, sovente li sfalda, toglie loro la geometria conosciuta, li libera dall’involucro del portamento e del comportamento. Altre volte la massa plastica, ottenuta al calmarsi del vento creavito, sembra emergere dalla sfondo dell’opera, prendendo forma capita e colore, proprio grazie a questa magnetica luminosità insita, che plasma il soggetto nel ventre della scena e gli dà vita.

Donat Conenna

 

 

 

 

Il presente sito web utilizza i cookies per aiutare a migliorare i servizi e le informazioni ai suoi visitatori. Se continui ad usare questo sito accetti implicitamente di utilizzare i cookies. Ricordiamo inoltre che dal tuo browser è possibile cancellare la cache e tutti i cookies principali.